LA CORTE DEI CONTI 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso iscritto  al  n.
17614 del registro di segreteria, proposto dal sig. Orlando  Barbato,
nato a Pietrastornina  il  23  gennaio  1946,  residente  in  Cabras,
frazione Solanas, via Terranova n.  21,  contro  il  Comando  Regione
Carabinieri Sardegna. 
    Dato atto che nella pubblica udienza del 5 novembre 2008, fissata
per la discussione del giudizio, l'amministrazione convenuta  non  e'
comparsa. Presente il ricorrente, non assistito legalmente. 
    Esaminati gli atti e i documenti tutti della causa. 
                      Svolgimento del processo 
    Il sig. Orlando Barbato, ex Maresciallo aiutante s. UPS dell'Arma
dei Carabinieri, cessato dal servizio e collocato in congedo  dal  13
ottobre 1999, propone ricorso contro il Comando  Regione  Carabinieri
Sardegna,  chiedendo  che  venga  disposto  l'adeguamento  della  sua
pensione, previa rideterminazione della base  pensionabile,  mediante
adeguamento dell'emolumento previsto dall'art. 3, comma 2 della legge
28 marzo l997, n. 85, come rideterminato dall'art. 54-bis del decreto
legislativo 12 maggio 1995,  n.  198,  introdotto  dall'art.  29  del
decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 83. 
    Osserva il ricorrente che, a seguito dell'emanazione del  decreto
legislativo 28 febbraio 2001, n. 67, riguardante gli appartenenti  al
Corpo della Guardia di Finanza, si sarebbe introdotto un  trattamento
discriminante e palesemente non conforme ai piu' elementari  principi
di  civilta'  giuridica  e   costituzionale   nei   confronti   degli
appartenenti all'Arma dei Carabinieri. Infatti, il citato  d.lgs.  n.
67/2001  ha  esteso,  ai  soli  fini   pensionistici,   l'adeguamento
dell'emolumento di che trattasi al personale della Guardia di Finanza
collocato in quiescenza nel periodo 2 gennaio 1998-1°  gennaio  2001,
mentre norma di analogo  contenuto  non  e'  stata  prevista  per  il
personale di pari grado e anzianita' dell'Arma dei Carabinieri. 
    Il Comando Regione  Carabinieri  Sardegna  si  e'  costituito  in
giudizio con atto pervenuto in segreteria in data 1° marzo 2007. 
    Premessa una sintetica ricostruzione della normativa  applicabile
al caso in esame, l'amministrazione ha dato atto della  sperequazione
lamentata dal ricorrente, osservando tuttavia di non avere il potere,
allo stato, di estendere il beneficio richiesto al proprio  personale
posto in quiescenza dal 1° gennaio 1998 al 31 dicembre  2000  con  il
grado di M.A. s. UPS, con due anni e quattro mesi nel grado. 
    Sulla base di tali conclusioni, la causa e' stata discussa  nella
pubblica udienza del 5 novembre 2008. 
                       Considerato in diritto 
    L'art. 3, comma 2 della legge  28  marzo  1997,  n.  85,  recante
«Disposizioni  in  materia  di  avanzamento,  di  reclutamento  e  di
adeguamento del trattamento economico  degli  ufficiali  delle  Forze
armate e qualifiche equiparate delle Forze di polizia»,  ha  previsto
che «agli ispettori superiori delle Forze di polizia  ad  ordinamento
civile, ai marescialli aiutanti di quelle  ad  ordinamento  militare,
nonche' ai marescialli aiutanti  delle  Forze  armate,  con  maggiore
anzianita' di servizio nella qualifica o nel grado e'  attribuito  un
emolumento pensionabile pari alla differenza tra il  proprio  livello
di  inquadramento  e  il  livello  retributivo   superiore,   secondo
decorrenza, modalita' e sulla base di  requisiti  da  determinare  in
sede di contrattazione collettiva, ovvero nell'ambito delle procedure
di  concertazione  ivi  previste,  ed  in  relazione   alle   risorse
finanziarie  disponibili.   Il   medesimo   emolumento   e'   inoltre
attribuito, evitando sperequazioni con altro  personale  o  adottando
misure perequative occorrenti, ai tenenti e al personale di  grado  e
qualifica corrispondente, aventi pari anzianita' di servizio comunque
prestato». 
    In sede di prima attuazione della riportata norma, l'art. 65  del
d.P.R. 16 marzo  1999,  n.  254,  recante  «Recepimento  dell'accordo
sindacale per le  Forze  di  polizia  ad  ordinamento  civile  e  del
provvedimento di concertazione delle Forze di polizia ad  ordinamento
militare relativi al quadriennio normativo 1998-2001  ed  al  biennio
economico  1998-1999»,  ha  disposto  che  «ai  marescialli  aiutanti
dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di  finanza,  con
almeno due anni e quattro mesi di anzianita' nel  grado,  maturata  a
partire da data non anteriore al 1° settembre 1995, e' attribuito  un
emolumento pensionabile annuo lordo valido anche per  la  tredicesima
mensilita' e  per  l'indennita'  di  buonuscita,  non  superiore  nel
triennio  1998-2000  alla  differenza  tra  il  proprio  livello   di
inquadramento  ed  il  livello  retributivo  superiore»  (comma   1);
«l'emolumento di cui al comma 1 e' corrisposto per ciascun  anno  del
triennio 1998-2000 nella misura  annua  lorda  di  lire  660.000  non
cumulabili» (comma 2). 
    Analoga disposizione e' stata dettata per gli  appartenenti  alle
Forze di Polizia ad ordinamento civile (art. 38 del  medesimo  d.P.R.
n. 254/1999) e per il personale  delle  Forze  armate  (art.  22  del
d.P.R. 16 marzo l999, n. 255). 
    Come  si  puo'  agevolmente  notare  ponendo   a   confronto   le
disposizioni  teste'  citate,   l'attribuzione   dell'emolumento   in
questione e' stata in un primo tempo attuata con  termini,  modalita'
ed importi assolutamente identici per tutti gli appartenenti ai  vari
Corpi interessati, a dimostrazione del fatto che nessuna ragione  per
una  differenziazione  della  disciplina  era   evidentemente   stata
riscontrata. 
    Tale perfetta  identita'  di  trattamento  e'  stata  alterata  a
seguito dell'emanazione dei decreti delegati  previsti  dall'art.  9,
comma 1 della legge 31 marzo 2000, n. 78, recante «Delega al  Governo
in materia di riordino dell'Arma dei carabinieri, del Corpo forestale
dello Stato, del Corpo della Guardia di finanza e  della  Polizia  di
Stato. Norme in materia di coordinamento  delle  Forze  di  polizia»,
come modificato dall'art. 50, commi 9, lett. b) e 11 della  legge  23
dicembre 2000, n. 388. 
    In attuazione di  tale  delega,  sono  stati  emanati  i  decreti
legislativi 28 febbraio 2001, n. 53 (Polizia di Stato),  28  febbraio
2001, n. 67 (Guardia di Finanza), 28 febbraio 2001, n. 76  (Corpo  di
Polizia penitenziaria), 28 febbraio 2001, n. 82 (Forze armate)  e  28
febbraio 2001, n. 83 (Arma dei Carabinieri). 
    Tutti   i   citati   decreti   hanno   rideterminato    l'importo
dell'emolumento pensionabile previsto  dall'art.  3,  comma  2  della
legge 28 marzo  1997,  n.  85,  a  decorrere  dal  1°  gennaio  2001,
quantificandolo in misura annua lorda pari  alla  differenza  tra  il
livello di inquadramento ed il livello retributivo superiore (v. art.
21 d.lgs. n. 53/2001, art. 9, comma 1  d.lgs.  n.  67/2001,  art.  23
d.lgs. n.  76/2001,  art.  22  d.lgs.  82/2001,  art.  29  d.lgs.  n.
83/2001). 
    E' da notare che tutti gli articoli teste' richiamati, nonche' lo
stesso art. 3, comma 2 della legge 28 marzo 1997, n. 85,  sono  stati
abrogati dall'art. 15 del  d.lgs.  30  maggio  2003,  n.  193,  ma  a
decorrere dal 1° gennaio 2005, senza che la norma  abrogatrice  abbia
in alcun modo inciso sulle situazioni pregresse. 
    Come si e' detto,  per  effetto  delle  citate  disposizioni  del
legislatore delegato la identita' di trattamento tra gli appartenenti
ai vari Corpi interessati e' venuta meno. 
    Mentre tutte le citate disposizioni hanno disposto,  come  detto,
la rideterminazione dell'emolumento di che trattasi a  decorrere  dal
1° gennaio 2001, solo quella riguardante il personale  della  Guardia
di Finanza ha previsto altresi' che l'emolumento in questione, con la
stessa decorrenza del 1° gennaio 2001 , fosse  corrisposto,  ai  soli
fini pensionistici, anche al personale collocato  in  quiescenza  nel
periodo  2  gennaio  1998-1°  gennaio  2001  (v.  comma  4  dell'art.
73-quinquies del d.lgs. 12 maggio 1995, n. 199, introdotto  dal  cit.
art. 9, comma 1 del d.lgs. n. 67/2001). 
    Ad avviso di  questa  sezione,  la  norma  da  ultimo  richiamata
introduce una manifestamente irrazionale ed ingiustificata disparita'
di  trattamento  tra  il  personale   della   Guardia   di   Finanza,
destinatario dell'emolumento di che trattasi,  cessato  dal  servizio
con diritto a pensione nel periodo 2 gennaio 1998-1° gennaio 2001, il
quale si vede riliquidato il trattamento di quiescenza,  a  decorrere
dal 1°  gennaio  2001,  con  il  calcolo,  nella  base  pensionabile,
dell'emolumento in questione nella misura rideterminata per l'appunto
a partire da detta data, e il personale  di  tutti  gli  altri  Corpi
militari e/o di Polizia, tra i quali, per quanto qui  interessa,  gli
appartenenti all'Arma dei Carabinieri, che, collocati in  quiescenza,
come il ricorrente nel presente giudizio, nel triennio 1998-2000,  di
tale riliquidazione non beneficiano. 
    E' bene precisare subito che tale disparita' di  trattamento  non
e' superabile dal giudice in via interpretativa, mediante  estensione
analogica della  norma  prevista  per  la  Guardia  di  Finanza  agli
appartenenti agli  altri  Corpi  interessati  che  si  trovino  nella
medesima situazione. 
    E' regola pacificamente affermata dalla giurisprudenza di  questa
Corte che, ai fini del calcolo del trattamento di quiescenza, possono
essere presi  in  considerazione  solo  gli  emolumenti  pensionabili
percepiti dall'interessato, o comunque a lui spettanti,  nel  periodo
in cui era in servizio, salvo che  specifiche  norme  non  dispongano
diversamente.  Le  eventuali  norme  di  favore,  pero',  in   quanto
derogatorie  a  norma  di  carattere  generale,  non  possono  essere
applicate fuori dei casi indicati dal legislatore. 
    Tanto premesso, ad avviso di questa  sezione,  si  evidenzia  una
questione   di   legittimita'   costituzionale,   rilevante   e   non
manifestamente infondata, della norma  di  cui  all'art.  54-bis  del
d.lgs. 12 maggio 1995, n.  198,  come  introdotto  dall'art.  29  del
d.lgs. 28 febbraio 2001, n. 83, nella parte in  cui  non  prevede  la
corresponsione,  ai  soli  fini  pensionistici,  anche  al  personale
dell'Arma dei Carabinieri  collocato  in  quiescenza  nel  periodo  2
gennaio 1998-1° gennaio 2001,  dell'emolumento  di  cui  all'art.  3,
comma 2 della legge 28 marzo 1997, n.  85,  nella  misura  e  con  la
decorrenza   stabilite   nella   medesima   norma    sospettata    di
incostituzionalita'. 
    La questione di legittimita' costituzionale viene  sollevata  con
riferimento a due distinti parametri costituzionali. 
    In primis,  la  norma  appare  contrastare  con  l'art.  3  della
Costituzione. 
    E' di palmare chiarezza che  il  raffronto  tra  la  disposizione
normativa di che trattasi e l'omologo art. 73-quinquies del d.lgs. n.
199/1995 evidenzia una violazione del principio di eguaglianza, posto
che, come si e' avuto modo  di  affermare,  la  situazione,  per  gli
aspetti giuridici ed economici, sotto il profilo che  qui  interessa,
del personale della Guardia di Finanza, non differisce  in  nulla  da
quella del personale dell'Arma  dei  carabinieri  di  pari  grado  ed
anzianita'. 
    Si ribadisce, infatti, che,  sino  all'entrata  in  vigore  delle
norme delegate, l'emolumento di che trattasi e' stato  attribuito  in
maniera assolutamente identica a tutti gli appartenenti ai vari Corpi
interessati, ne' medio tempore,  nel  periodo  cioe'  intercorso  tra
l'entrata in vigore dell'art. 65 del d.P.R. 16 marzo 1999, n.  254  e
quella degli artt. 29 del d.lgs. 28 febbraio 2001, n. 83 e 9, comma 1
del d.lgs. 28 febbraio 2001 , n. 67, la situazione degli appartenenti
alla Guardia di Finanza ha subito  delle  modificazioni  che  possano
giustificare un trattamento di maggior favore nei loro confronti. 
    Questa sezione e' consapevole del fatto  che  la  violazione  del
principio di  eguaglianza  e'  piu'  pianamente  superabile  con  una
pronuncia di incostituzionalita' nei casi in cui il legislatore abbia
derogato a regole gia' stabilite dalla legge  ovvero  a  principi  di
carattere   generale   univocamente   desumibili    dall'ordinamento,
introducendo  per  una   determinata   fattispecie   una   disciplina
arbitrariamente ed ingiustificatamente diversa da quella prevista  da
dette regole o  principi,  mediante  il  ripristino  della  normativa
generale ingiustificatamente derogata da quella particolare. 
    Piu' complesso e' il caso, come quello in esame, in cui la deroga
alla regola generale si sia sostanziata in una disciplina di  maggior
favore limitata a singole fattispecie,  perche'  in  questo  caso  la
norma derogatoria non potrebbe essere assunta a termine di  raffronto
del giudizio di eguaglianza (cosi' Corte costituzionale, sentenza  n.
448 del 1993), perlomeno quando l'eccezione alla regola generale  sia
viziata da  irragionevolezza  e/o  irrazionalita'.  In  questo  caso,
infatti, e' insegnamento costante della Corte costituzionale che  «il
principio  di  eguaglianza  non  puo'  essere  invocato   quando   la
disposizione di legge, da cui viene tratto il tertium  comparationis,
si riveli derogatoria rispetto alla  regola  desumibile  dal  sistema
normativo, e percio' insuscettibile di estensione ad altri casi, pena
l'aggravamento, anziche' l'eliminazione, dei difetti di  coerenza  di
esso» (Corte costituzionale, sentenza n. 427del 1990). 
    L'estensione del  trattamento  derogatorio  sarebbe  ammissibile,
secondo la giurisprudenza della Corte  costituzionale,  solo  qualora
anche  nelle  ipotesi  non  ricomprese  nella  normativa  derogatoria
ricorrano le medesime ragioni che hanno giustificato la disciplina di
eccezione (argomenta dalla motivazione  della  sentenza  n.  272  del
1994, laddove si afferma che l'eccezione alla  regola  generale  «non
potrebbe,   comunque,   essere   assunta   quale    valido    tertium
comparationis,   alla   cui   stregua   valutare   la    legittimita'
costituzionale della disciplina di altre  ipotesi,  nelle  quali  non
siano  state  ravvisate  le  medesime  ragioni  giustificatrici   del
trattamento  derogatorio»).  La  Corte  costituzionale  aveva   fatto
applicazione di tale  principio  nella  sentenza  n.  398  del  1988,
riconoscendo che la ratio della norma di deroga assunta come  tertium
comparationis, ne imponeva l'estensione ad altri casi non ricompresi,
per i  quali  doveva  considerarsi  priva  di  razionalita'  la  loro
esclusione dall'ambito di operativita' della norma,  stante  la  loro
assimilabilita' a quelli viceversa contemplati. 
    Nel caso di specie,  la  sezione  e'  dell'avviso  che  la  norma
assunta come tertium  comparationis  non  solo  non  sia  affetta  da
irrazionalita' e/o irragionevolezza, ma sia anzi sorretta  da  valide
ragioni, assunte dal legislatore, nell'esercizio non arbitrario della
propria discrezionalita',  come  giustificatrici  della  deroga  alla
regola generale. 
    Va infatti  osservato  che  secondo  la  norma  che  ha  previsto
l'introduzione dell'emolumento pensionabile di  cui  si  discute  (il
cit. art. 3, comma 2 della legge 28 marzo 1997,  n.  85),  lo  stesso
doveva essere pari alla differenza tra il  livello  di  inquadramento
del personale interessato e il livello retributivo superiore. 
    In sede di prima attuazione della norma, peraltro,  evidentemente
per ragioni di bilancio,  il  beneficio  di  che  trattasi  e'  stato
attribuito nella misura fissa di annue lorde lire  660.000  per  ogni
anno del triennio 1998-2000, inferiore a  quella  che  sarebbe  stata
spettante ove l'emolumento in questione  fosse  stato  attribuito  in
misura pari alla differenza tra i livelli retributivi, come  previsto
dalla norma di cui all'art. 3, comma 2 cit. 
    Poiche' solo a partire dal 1° gennaio 2001 il legislatore ha dato
piena attuazione  alla  disposizione,  l'estensione  retroattiva  del
nuovo importo, sia pure  con  effetti  esclusivamente  pensionistici,
anche al personale gia' collocato in quiescenza (che di tale maggiore
importo non aveva goduto ne' sul trattamento  di  attivita',  ne'  di
riflesso sulla pensione) appare rispondente ad un ragionevole intento
di (almeno parziale) perequazione. 
    L'irragionevolezza non sembra  quindi  rinvenibile  nella  deroga
alla regola generale (in base alla quale, come  detto,  concorrono  a
determinare  l'importo  della  pensione  solo  gli   elementi   della
retribuzione  percepiti  o  spettanti  sino  all'ultimo   giorno   di
servizio), bensi' nel prevederne  l'esclusiva  applicazione  ai  soli
militari della Guardia di Finanza, dato che, come  detto  e  come  si
ribadisce, la posizione di questi ultimi non differiva  in  nulla  da
quella dei  pari  grado  in  servizio  negli  altri  Corpi,  i  quali
anch'essi avevano percepito, nel triennio 1998-2000, l'emolumento  di
che trattasi in misura inferiore a quella teoricamente spettante. 
    In secondo luogo, questa Corte ravvisa una violazione  anche  del
precetto costituzionale di cui all'art. 76 Cost. 
    Le  norme  di  cui  si  discute  sono  state   tutte   introdotte
all'interno di decreti delegati emanati in  attuazione  della  delega
contenuta nell'art. 9, comma 1 della legge 31 marzo 2000, n. 78. 
    In base a detta disposizione, «il Governo e' delegato ad emanare,
entro il 31 dicembre 2000 e senza oneri a carico del  bilancio  dello
Stato,  uno  o  piu'   decreti   legislativi   recanti   disposizioni
integrative e correttive dei d.lgs. 12 maggio 1995, n. 196, d.lgs. 12
maggio 1995, n. 197, d.lgs. 12 maggio 1995, n. 198 e d.lgs. 12 maggio
1995, n. 199, attenendosi ai principi, ai criteri  direttivi  e  alle
procedure di cui all'articolo 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216». La
norma, come detto, e' stata poi modificata per cio' che  concerne  il
termine e la previsione di mancanza di oneri per  il  bilancio  dello
Stato, dall'art. 50, commi 9, lett. b) e 11 della legge  23  dicembre
2000, n. 388. 
    Secondo il richiamato art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, la
delega al Governo aveva come direttiva il «riordino  delle  carriere,
delle attribuzioni e dei trattamenti economici [del  personale  delle
Forze di polizia anche ad ordinamento militare, ai sensi della  legge
1° aprile 1981 ,n. 121, nonche' del personale delle Forze armate,  ad
esclusione dei dirigenti civili e militari e del personale di  leva],
allo scopo di conseguire una disciplina omogenea,  fermi  restando  i
rispettivi compiti istituzionali, le  norme  fondamentali  di  stato,
nonche'  le  attribuzioni  delle  autorita'  di  pubblica  sicurezza,
previsti dalle vigenti disposizioni di legge». 
    Ad   avviso   della   sezione,    la    norma    sospettata    di
incostituzionalita' si traduce in una palese violazione del  suddetto
criterio direttivo. 
    Puo'  ammettersi  che  la  finalita'  del  conseguimento  di  una
disciplina omogenea sia assunta dal legislatore delegato alla stregua
di  un  obiettivo  orientativo,  tanto  piu'  quando  si  tratti   di
intervenire su materie che, come quelle di che trattasi, per  ragioni
complesse e che hanno dato origine ad una  stratificazione  normativa
assai  intricata,  non  siano  facilmente  riconducibili  ad  unita',
talche' il permanere di  differenziazioni  normative  in  esito  alla
attuazione della delega non e' di per se' indice  di  una  violazione
dei limiti e delle finalita' posti dal delegante. 
    Sarebbe pero' paradossale  se  si  ammettesse  non  solo  che  il
legislatore delegato  faccia  sopravvivere  pregresse  differenze  di
disciplina tra gli appartenenti ai vari  Corpi  interessati,  ma  che
addirittura introduca ex novo  ulteriori  ragioni  di  ingiustificata
disuguaglianza. 
    Per  le  ragioni  esposte,  questa  sezione  ritiene  quindi  non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
nei termini delineati. 
    In punto di rilevanza,  e'  agevole  constatare,  dall'esame  del
decreto di liquidazione  della  pensione  del  ricorrente,  trasmesso
dall'amministrazione di provenienza, che  l'interessato  rientra  nel
novero del personale avente diritto all'emolumento di  che  trattasi,
che pero' e' stato considerato nella base di calcolo del  trattamento
di quiescenza nella misura (lire 660.000) effettivamente percepita in
servizio. 
    In  difetto  di  accoglimento   della   proposta   questione   di
legittimita'   costituzionale,   la   domanda   attrice   tesa   alla
riliquidazione  della  pensione  sulla  base  del   maggior   importo
decorrente dal 1° gennaio 2001 (e quindi da  un  momento  in  cui  il
ricorrente non era  piu'  in  servizio)  non  potrebbe  evidentemente
essere accolta.